Fig. 11. Protesi provvisoria in carico non-occlusale con assenza di contatti centrici ed eccentrici.
In un altro studio prospettivo comparato tra impianto a carico immediato e a carico convenzionale, Cannizzaro e Leone [15] hanno diviso 28 pazienti con edentulie parziali in due gruppi omogenei comprendenti ciascuno anche tre fumatori, ed hanno trattato un gruppo con carico immediato e l'altro con carico convenzionale usando impianti Spline Twist MTX (Centerpulse, Carlsbad, CA) con un diametro di almeno 3,5 mm ed una lunghezza di almeno 13 mm , con un totale di 46 impianti in ciascun gruppo. Gli autori hanno riportato a distanza di 24 mesi il successo totale degli impianti con carico immediato e l'insuccesso di un solo impianto nel gruppo con carico convenzionale. Analoghi risultati sono riportati per le zone latero-posteriori da Romanos [63] in uno studio prospettico su 12 pazienti con edentulie parziali bilaterali nella parte posteriore della mandibola. Romanos, usando per ciascun paziente impianti tripodi (Ankylos, Friadent GmbH) con due protocolli diversi, e cioè con carico immediato da un lato e carico convenzionale dall'altro, riporta a distanza di 24 mesi il successo totale di entrambi i protocolli.
La diretta comparazione di questi studi non è possibile in quanto sono stati usati dai diversi gruppi di lavoro materiali diversi che potrebbero in teoria aver influenzato a loro volta l'esito dell'impianto. Ci pare tuttavia di poter concludere che in molti studi il fattore “occlusione immediata” ha rappresentato un fattore di rischio. Potendosi soddisfare le esigenze estetiche dei pazienti con restauro immediato anche senza occlusione, è ovvio che questa seconda tecnica si vada diffondendo nella prassi clinica.
4.2 Il fattore "postestrattivo"
Eseguire un impianto a conclusione di un'estrazione senza aspettare il periodo di guarigione può essere considerato un fattore di rischio per il successo clinico dell'impianto.
Malò e colleghi [51] riportano in uno studio retrospettivo il 15% di insuccesso per impianto postestrattivo usando impianti levigati a macchina di tipo Branemark System Mk II (Nobel Biocare) inseriti per la metà in sede mascellare e per la metà in sede mandibolare. Un'analoga percentuale di insuccessi su postestrattivo è riportata da Ericsson usando lo stesso tipo di impianto [27]. Una percentuale del 17% di insucccessi per il postestrattivo rispetto al 100% di successo nel postguarigione è riscontrata in uno studio di Chaushu e colleghi [16] su 26 pazienti. Va però notato che in questo studio il protocollo usato non prevedeva l'evitamento completo dell'occlusione del provvisorio, mentre la tecnica di preparazione del sito implantare nei casi di insuccesso era stata mista, e cioè una combinazione di fresatura e di compressione ossea, usando impianti cilindrici a pressione per il carico immediato. È da notare che la perdita ossea a distanza di 3-6 mesi è risultata comunque uguale in questo studio sia per il postestrattivo che per il postguarigione.
Accanto a questi tre studi che riportano una quota di insuccessi su postestrattivo, molti altri studi, tra cui uno successivo dello stesso gruppo di lavoro Malò e colleghi [50], riportano il 100% di successo in tali condizioni e non indicano il postestrattivo quale fattore per sé sfavorevole alla riuscita dell'impianto [15, 31, 38, 41, 83].
Gli studi che hanno riportato esiti favorevoli per il postestrattivo hanno in comune alcune procedure quali: 1) l'uso di strutture macrogeometriche fibrose per incrementare la stabilità e il contatto nell'interfaccia osteoimplantare; 2) procedure chirurgiche attente alla densità apicale dell'osso, con perforazione a bassa velocità e viti autofilettanti; 3) evitamento dell'occlusione nel periodo del restauro provvisorio.
Premesse queste procedure, il postestrattivo ed il fumo non dovrebbero perciò rappresentare fattori negativi per la prognosi dell'impianto a carico immediato.
4.3 Il fattore “densità dell'osso”
La qualità dell'osso ricevente influisce sulla probabilità di successo dell'impianto a carico immadiato [15, 61]. Una valutazione tridimensionale del substrato osseo è possibile con la tomografia computerizzata, che fornisce dati sull'altezza, la larghezza e il contorno del segmento osseo destinato a ricevere l'impianto. L'impianto in generale dovrebbe essere circondato da almeno 1 mm di osso a livello vestibolare e palatale/linguale, ed avere l'asse lungo l'interno del tavolato occlusale della futura corona protesica, con una direzione, per gli impianti mandibolari, verso la cuspide palatale dei denti mascellari. Per gli impianti posizionati nel mascellare superiore la direzione ottimale è diretta verso le cuspidi vestibolari degli elementi dentali dell'arcata inferiore. L'iniziale cavità ossea a livello crestale deve essere rivolta verso il vestibolo nella mandibola o più spostato verso il palato nel mascellare superiore. La classificazione più utilizzata clinicamente per distinguere la qualità del tesuto osseo in base alla sua densità è quella di Lekolm e Zarb [45], che distingue quattro tipi di osso (fig. 12):
Fig. 12. Classificazione del tessuto osseo in base alla densità
I Osso molto compatto e poco vascolarizzato
II Struttura ossea compatta, buona midollare
III Poca compatta ossea, molta midollare
IV Poca compatta ossea, scarsa midollare
Saadoun et al. [64] hanno proposto di riservare il carico immediato al tipo I, il carico precoce al tipo II, il carico convenzionale o differito per i tipi III e IV. I maggiori successi riportati in letteratura riguardano di fatto il tipo di osso I e II, ma indicano che anche in substrato osseo di tipo III e IV è possibile ottenere percentualmente buoni risultati purchè si usino la tecnica ed il materiale adatto.
CARICO IMMEDIATO CON BONE GRAFTING
In caso di severa atrofia della mandibola è possibile accrescere lo spessore osseo prima di inserire l'impianto. Questo può avvenire usando varie tecniche e materiali.
Le tecniche di grafting
Per accrescere lo spessore osseo si possono usare tecniche onlay o tecniche di interposizione del graft nell'area interforaminale. Si possono usare sia materiali autogeni, quali osso o cartilagine, sia materiali allogeni, quali l'idrossiapatite in soluzione acquosa ridotta in nano cristalli o i sostituti ossei o combinazioni di questi materiali. A seconda delle condizioni cliniche, l'impianto può essere inserito subito oppure dopo 3-4 mesi dall'intervento di grafting [74]. La procedura monofasica ha il vantaggio di risparmiare una seconda operazione, ma ha lo svantaggio di rendere più difficile il posizionamento e l'angolazione dell'impianto [9].
In caso di scarso spessore osseo in senso orizzontale, frequente nella mandibola in zona estetica, si utilizzano tecniche di splintcrest, illustrate in figura 13a, b, c, d, che aumentano lo spessore trasversale del processo osseo deficitario. Nella tecnica splintcrest si incide la cresta con due scalpelli (i due strumenti inseriti nella compagine ossea) e poi si provoca una frattura a legno verde o meglio un'espansione della cresta all'interno della quale si inseriscono gli impianti.


Fig. 13a. Cresta ossea Fig. 13b. Divaricazione (splint) della cresta


Fig. 13c. Frattura a legno verde. Fig. 13d. Inserimento dell'impianto.

La restituzione della cresta avviene in tempi brevi. La fig. 14 documenta il miglioramento del profilo della cresta dopo l'inserimento degli impianti con tecnica di splintcrest.
Fig. 14. Sui modelli in gesso si può notare il miglioramento del profilo esterno della cresta prima (a destra) e dopo (a sinistra) l'inserimento degli impianti con la disgiunzione di cresta. Si può notare come il profilo della cresta è ritornato come era all'origine con i denti naturali.
In caso di ridotto spessore osseo verticale invece, si utilizzano tecniche diverse a seconda della zona ossea interessata. Nell' arcata superiore si può effettuare un rialzo del seno mascellare mediante apporto di osso sintetico o autologo prelevato dal paziente stesso. A livello della zona dei molari nell'arcata superiore è spesso assente una disponibilità ossea tale da permettere un sufficiente ancoraggio all'osso. Per aumentare la quantità di osso disponibile sono state suggerite alcune tecniche di innesto. Esiste la possibilità di sovrapporre blocchetti di osso autologo all'osso mascellare oppure di inserire il materiale da innesto direttamente nel seno mascellare aprendo una finestra a livello della zona edentula dove si vogliono inserire gli impianti. Si pratica un'osteotomia rettangolare usando molta cautela per non perforare la membrana del seno mascellare. Si spinge verso l'interno la finestra ossea dissezionando con molta attenzione la membrana del seno dalla parete ossea. A questo punto è possibile ottenere il posizionamento del materiale da innesto in modo da ottenere la massima altezza possibile. L'osso autologo prelevato dal mento o dalla branca montante della mandibola (fig. 15) viene sminuzzato e mescolato ad altro tipo di osso eterologo o alloplastico (osso bovino o derivati del corallo ad esempio) e incluso nel seno mascellare. Questa procedura è detta sinus lift. Se si può disporre di una sufficiente altezza a livello del pavimento del seno (4-5mm) l'intervento implantare si può eseguire contemporaneamente al sinus lift, viceversa è necessario attendere almeno 6 mesi perchè si possano posizionare impianti in siti dove in precedenza non era possibile.

Fig.15. Prelievo di osso autologo dalla porzione mediana della sinfisi. L'osso prelevato verrà inserito laddove manca ed è necessario per il posizionamento dell'impianto.
Una tecnica alternativa è il prelievo diretto dal foro per inserire l'impianto: un modo efficace e non invasivo di ottenere tessuto ricco di cellule (osteociti ed osteoblasti) nonché di fattori di crescita. Se l'osso prelevato in questo modo è insufficiente, può essere integrato con osso artificiale di idrossiapatite in nano particelle che vengono eliminate dall'organismo e sostituite con tessuto osseo neoformato.
Nei casi in cui si progetti un intervento bilaterale è necessario avere a disposizione una quantità molto significativa di osso e può essere necessario prelevare l'osso dalla cresta iliaca (dell'anca) il che comunque richiede un intervento chirurgico a parte in ambito ospedaliero e in anestesia generale.
5.2 Piccolo rialzo del seno mascellare
Il piccolo rialzo è un intervento a bassa invasività senza l'uso di osteoconduttori ed osso autologo. Si esegue in presenza di almeno 5- 6 mm di osso.

Fig. 16a. Inserimento dell'osteotomo. Fig. 16a. Sollevamento del seno.
Dopo aver preparato il sito implantare con la usuale tecnica si inserisce nel foro un osteotomo (fig. 16a) e con un movimento rotatorio si incide la corticale del seno; successivamente, percuotendo delicatamente, si frattura la corticale e si solleva contemporaneamente la membrana interna del seno (fig. 16b). Come illustrato in figura, si parte da una situazione ossea di 6 mm e si arriva ad uno spessore di 11 mm sufficiente per l'inserimento dell'impianto.
5.3 Grande rialzo del seno mascellare
Il grande rialzo è un vero e proprio intervento con l'impiego di osteoconduttori ed osso autologo. Si esegue quando lo spessore osseo è inferiore ai 3- 6 mm .

Fig. 17a. Fig. 17b. Fig. 17c.
Dopo aver fatto un lembo a tutto spessore per scoprire la parete anteriore del seno mascellare (fig. 17a), con uno strumento smusso si provoca la frattura della parete del seno (fig. 17b). Si inserisce l'impianto e si riempie con materiale osteoinduttivo compattandolo bene intorno all'impianto (fig. 17c). Nell'arcata inferiore si usano membrane e materiale sintetico osteoinduttivo o osso autologo in modo da avere uno spessore sufficiente ed inserire impianti con una stabilità ottima. La percentuale di successi, anche grazie a queste tecniche volte a far crescere osso dove non c'è, è estremamente alta ( 85-90% a seconda che l'impianto sia introdotto nel mascellare inferiore o superiore.
Il carico immediato contemporaneo al grafting viene in genere sconsigliato. La letteratura incoraggiante in merito si limita per ora ad una esigua casistica [17, 29, 30, 55] e pertanto, nella pratica clinica, è consigliabile una certa prudenza ed il ricorso all'eventuale restaurazione immediata senza carico occlusale.
IL CARICO IMMEDIATO NELLE EDENTULIE
PARZIALI E TOTALI
6.1 Le edentulie singole e parziali
La tecnica di intervento nelle edentulie singole o parziali si differenzia rispetto a quella usata nelle edentulie totali, specie nel caso di impianti a carico immediato. Mentre per le edentulie totali è possibile ricorrere ad un numero proporzionalmente basso di impianti, fino alla più recente tecnica All-on-four, per le edentulie parziali, dove non può esserci una stabilizzazione fra le due arcate (cross arch stabilization), viene raccomandato di posizionare un impianto per radice mancante. Il fattore occlusale è molto importante ed un'anamnesi positiva per fratture radicolari dovuta a carichi occlusali abnormi, a precontatti nei movimenti eccentrici o a parafunzioni può costituire un fattore di rischio. I pazienti parzialmente edentuli spesso presentano vari livelli di interferenze occlusali quali risultato della perdita degli elementi dentali e la loro conseguente migrazione. È oportuno in questi casi un preventivo trattamento occlusale per eliminare potenziali forze sfavorevoli sugli impianti.
Studi sulle forze masticatorie hanno evidenziato come le forze occlusali che si generano nei settori posteriori possono essere fino a quattro volte maggiori rispetto ai settori anteriori. Si può passare da circa 222 Newton a livello degli incisivi a 880 Newton dei molari, per cui una solida base implantare è sicuramente un fattore favorente la riuscita a lungo termine del trattamento. Recenti studi hanno suggerito di valutare il valore di supporto offerto da ogni singolo dente naturale mancante per stabilire il numero di impianti da posizionare, dando come valore 1 ai denti monoradicolati e 2 ai denti pluriradicolati [14, 23].
Per quanto riguarda il tipo di dentatura nell'arcata antagonista, il paziente con dentatura naturale ha la capacità di trasmettere forze occlusali maggiori rispetto ai portatori di protesi totali. Inoltre in questi pazienti le capacità masticatorie diminuiscono nel tempo per le alterazioni a cui è soggetto il portatore di protesi mobile: atrofia ossea e muscolare, unite ad alterazione dei tessuti molli. I portatori di protesi parziali rimovibili hanno fatto registrare valori intermedi tra la dentatura normale e la protesi totale. Tuttavia la situazione clinica può essere molto diversa tra un paziente e l'altro e dipende dalla posizione e condizione dei denti rimanenti e del'attività muscolare. Le forze occlusali registrate in pazienti parzialmente edentuli restaurati con protesi implantari sono simili a quelle registrate a carico della dentatura naturale.
Si raccomanda perciò in letteratura un'accurata valutazione clinica e radiografica intra-orale prima di pianificare un'intervento di impianto.
6.2 Le edentulie totali
Nel caso di edentulie complete si possono applicare overdentures muco-supportate stabilizzate su impianti, overdentures impianto-supportate, protesi fisse.
In letteratura esiste una certa confusione terminologica tra overdentures muco-supportate ed overdentures impianto-supportate. Le due definizioni a seconda degli autori e degli studi vengono a volte trattate come sinonimo, a volte differenziate, a volte globalmente ridefinite come protesi ibride. Poichè di fatto ci sono aspetti tecnici leggermente diversi tra i due tipi fondamentali di procedure per l‘applicazione di protesi rimovibili su impianti, si cercherà qui di seguito di trattare i due concetti come entità diverse.
6.2.1 Le overdentures muco-supportate su impianti
Questo tipo di overdenture è spesso chiamato nella letteratura internazionale come "mucosally supported overdenture" o come "implant retained and tissue borne overdenture" o come "telescopic overdenture"
Si tratta di una protesi rimovibile fissata su da pochi impianti. Nella mandibola possono bastarne due inseriti nella regione sinfisaria, medialmente ai due forami mentonieri [37], a volte può bastarne perfino uno solo [21], per dare al portatore di dentiera la piacevole sensazione di avere in bocca una protesi ben fissata che non rischia di perdere parlando o mangiando. Nella mascella si raccomandano almeno 4 impianti. In questo caso si usano generalmente impianti a sfera (fig. 18a) o impianti telescopici (fig. 19a e 19b [24]; la protesi abituale del paziente viene adattata e vengono inseriti nella sua parte inferiore dei magneti o dei controbottoni (fig. 18b). Questo naturalmente contiene i costi e permette al paziente con una spesa relativamente modesta di migliorare la masticazione e l‘articolazione del 
linguaggio.
Fig. 18a. Impianti a sfera in situ Fig. 18b. Parte inferiore di protesi per attacchi a sfera

Fig. 19a. Sezione schematica di impianto telescopico resiliente Fig. 19b. Impianto telescopico in situ
Numerosi studi hanno dimostrato che la soluzione con due impianti è un compromesso tecnico-economico molto buono e molto ben accettato dai pazienti [33, 67], tanto che un recente consensus statement lo indica come il trattamento standard di elezione per i pazienti completamente edentuli [53]. Tale statement non intende precludere la scelta di soluzioni più sofisticate, ma invita a non negligere i vantaggi non solo economici ma anche tecnici di questa più semplice soluzione. Esso contesta la gerarchia implicita che si è creata in implantologia e che considera una overdentures su due impianti buona, una su barra migliore, una fissa ottimale. Questa gerarchia del buono-migliore-ottimo dovrebbe, secondo gli autori del consensus, essere sostituita dal concetto di „più appropriato per il paziente“.
6.2.2 Le overdentures impianto-supportate
Questo tipo di overdenture viene definito nella letteratura internazionale come "implant retained and implant borne overdenture" o, più spesso, semplicemente come "implant-supported overdenture". Anche questo tipo di overdenture è rimovibile e va rimossa per praticare l‘igiene orale.
Usando almeno 3 impianti, è possibile collegarli tra loro mediante una barra sulla quale può essere adattata la protesi (fig.20a e 20b).


Fig. 20a. Protesi con elementi di supporto. Fig. 20b. Parte inferiore della protesi con attacchi per barra
Per una buona stabilità della overdenture mandibolare vengono raccomandati tuttavia almeno 4 impianti (fig. 21a), per una overdenture mascellare 6 impianti (fig. 21b). In questo caso gli impianti, oltre alla funzione stabilizzatrice, assumono anche quella di vero e proprio supporto, con il vantaggio che i carichi masticatori vengono meglio ripartiti su tutta l'arcata [84]


Fig. 21a. Supporto per overdenture mandibolare. Fig. 21b. Supporto per overdenture mascellare
Gli attacchi vengono in genere collegati tra loro con una barra di Dolder (fig. 21a e 21b) che ne previene lo spostamento, ne aumenta la stabilità e ne permette in molti casi anche il carico immediato. La decisione se collegare o meno gli impianti deve essere presa tuttavia da caso a caso a seconda del completo quadro clinico e della realistica probabilità di sopravvivenza dei singoli implantati [25].
I risultati degli studi pubblicati sono sostanzialmente incoraggianti. In uno studio retrospettivo multicentrico su 226 pazienti con un totale di 904 impianti pubblicato nel 1997 [18] è risultato che il 96.9 % degli impianti mandibolari caricati immediatamente con overdenture era stabile ed osteointegrato a distanza di 2-13 anni. In questo studio non è stata trovata differenza significativa tra i tipi di impianto usato nei diversi centri. In tutti i centri erano stati usati però impianti di almeno 3,5 mm di diametro e 10 mm di lunghezza che erano stati posizionati nella zona interforaminale della mandibola in pazienti con osso di tipo 1-3 secondo la classificazione di Lekholm e Zarb [45]. In un altro studio prospettivo su 21 pazienti con 84 impianti, in cui si erano seguiti gli stessi criteri dello studio precedente usando impianti ITI collegati immediatamente da una barra e caricati entro 24 ore con overdenture, a distanza di 24-60 mesi nessun impianto era stato perduto, anche se, applicando come nello studio precedente i criteri di Albtrektsson [5] la percentuale di impianti riusciti risultava del 96%. Questi valori, comunque molto alti, suggeriscono che, premessa la buona o almeno discreta qualità dell'osso ricevente e rispettando alcuni principi generali, il carico immediato con overdenture non presenta particolari rischi. Questi studi evidenziano due concetti importanti:
la scelta di quattro impianti anzichè di un numero inferiore. Essa si basa sull'idea che questo sia il numero minimo per garantire una connessione rigida che consenta l'assenza di movimenti agli impianti nelle prime fasi dell'osteointegrazione, nonostante gli impianti vengano sottoposti a carico immediato dopi la loro inserimento;
la scelta di una barra con profilo ad U. Essa è dettata dal fatto che questa morfologia minimizza i movimenti rotazionali e permette di trasferire i carichi quasi esclusivamente in direzione verticale;
l'inserimento degli impianti nella regione interforaminale della mandibola, dove, anche in caso di notevole atrofia, si trova frequentemente un osso di adeguata qualità e quantità.
A livello mascellare, dove il tessuto osseo è più scadente e le percentuali di successo degli impianti sono più basse, la metodica del carico immediato, necessita di estese ricerche prima di essere proposta di routine [39]. Di fatto non ci sono ancora studi sul carico immediato con overdenture nella mascella, se si eccettua la casistica di un paziente riportata nel 2001 [32]. Recentissimi studi su cadaveri continuano a scoraggiare il carico immediato con overdentures e ne indicano i limiti fisiologici [4]. Per l'arco mascellare resta perciò aperta solo l'opzione del carico convenzionale o differito, mentre qualora si voglia scegliere il carico immediato per motivi estetico-psicologici bisogna ricorrere esclusivamente alla protesi fissa.
6.2.3. La protesi fissa
Per "protesi fissa" in odontoiatria s'intende un manufatto artificiale tipo ponte cementato a pilastri di sostegno naturali o artificiali con lo scopo di ripristinare la funzionalità di un dente, di un gruppo di denti o di un'intera arcata dentaria. La protesi fissa, al contrario di quella rimovibile, una volta applicata dal dentista rimane stabilmente al suo posto e non deve essere quotidianamente rimossa dalla bocca per le indispensabili manovre d'igiene orale. La protesi fissa può essere avvitata o cementata sugli impianti dal dentista e da lui può essere rimossa solo in casi particolari.
Il primo studio sul carico immediato con protesi fissa nella mandibola fu presentato da Schnitman nel 1990 [69], seguito da altri due studi dello stesso autore [ 68, 70] e da uno di Balshi [7]. Questi primi studi su un numero piuttosto esiguo di pazienti, riportano una quota di successo di circa l‘85% e dell‘80% rispettivamente, essendo la quota di insuccesso con significatività statistica inferiore a quella degli impianti con carico convenzionale. Gli autori identificarono in questi studi anche alcuni criteri necessari per il successo, e cioè: stabilità primaria, impianti filettati, percentuale di superficie dell‘impianto in contatto con osso corticale, densità dell‘osso, eliminazione dei micromovimenti durante il periodo di guarigione ed osteointegrazione tramite saldatura degli impianti su barra rigida. Questi autori indicarono inoltre che gli impianti maggiormente a rischio sono quelli in posizione distale rispetto al forame mentoniero.
Nel 1999 Branemark e collaboratori presentarono un nuovo sistema di impianto (Branemark Nuvum, Nobel Biocare) sperimentato su 50 pazienti con un successo del 98% a distanza di 6-36 mesi [11]. Da allora si sono susseguiti numerosi studi che, impiegando nella grande maggioranza il tipo di impianto introdotto da Branemark e colleghi, hanno riportato il successo praticamente totale della protesi fissa mandibolare. Alla luce di questi studi emergono tre caratteristiche fondamentali per il successo della protesi fissa mandibolare:
devono essere impiegati almeno 4 impianti nella regione anteriore della mandibola;
la stabilità primaria da raggiungere con una forza di torsione di almento 35 Ncm è un fattore importante per la lungo-sopravvivenza degli impianti;
sopravvivenza degli impianti.
Per quanto riguarda l‘arcata superiore, il numero di studi comprovante la comparabilità del carico immediato con protesi fissa rispetto al carico convenzionale è più basso del numero di studi disponibili per l‘arcata inferiore e riguarda nel complesso un numero minore di pazienti. Una recentissima review di Cooper e collaboratori [20] individua 9 studi pubblicati tra il 2000 ed il 2004 a cui vanno aggiunti, per amore di completezza, anche quelli di Tarnow [78] e di Ibanez [40]. Da questi studi emerge quale fattore essenziale che il numero di impianti necessario per sostenere una protesi fissa nella mascella è superiore che per la mandibola. Un‘altra indicazione è che gli impianti a superfice ruvida sembrano dare migliori risultati di quelli levigati a macchina.
Tuttavia, nell‘unico studio sul giudizio soggettivo di gradimento dei pazienti, la overdenture impianto-supportata è risultata nel 69% dei pazienti più gradita della protesi fissa [35]. Altri studi hanno confermato che i pazienti preferiscono la overdenture su impianti trovandola più accessibile nell‘igiene orale e più favorevole nell‘articolazione del linguaggio, nonchè superiore dal punto di vista estetico [25]. L‘impiego di una protesi fissa va perciò valutato attentamente e discusso accuratamente ed individualmente con ogni paziente.
6.2.3.1 All-on-four
Il numero minimo di impianti richiesti per l‘arcata inferiore è di 4, per cui questo tipo di protesi è detta All-on-four, mentre viene definita protesi Toronto la protesi fissa su 5 impianti.
La tecnica All-on-four è considerata attualmente l‘ultimo ritrovato in implantologia. A partire da uno studio di Krekmanov [42] e colleghi indicante l‘inclinazione degli impianti quale possibilità di riduzione del numero degli stessi, il gruppo portoghese di Paolo Malò e colleghi hanno sviluppato il protocollo All-on-four usando impianti Branemark System [52]. Secondo tale protocollo, realizzabile secondo gli autori anche su postestrattivo, 4 impianti vengono inseriti anteriormente ai forami mentonieri, con l'ausilio della mascherina chirurgica introdotta da Malò (fig. 22a e 22b).
Fig. 22a. La guida chirurgica di Malò. Inserimento degli impianti posteriori con inclinazione di 30°.
Fig. 22b. Abutment inserito nell‘impianto posteriore.
Con la tecnica All-on-four è possibile collocare nel giro di due ore una protesi fissa con minimo 10 denti, mentre la protesi definitiva posizionata 4-6 mesi dopo l‘intervento contiene secondo il protocollo di Malò 12 denti.
Questa tecnica innovativa è estremamente interessante e promettente, ma non esistono per ora dati estesi, né studi longitudinali di follow-up. Questo invita generalmente alla prudenza in attesa di conferme scientifiche a lungo termine.
CONCLUSIONI
Alla luce di quanto esposto si può concludere che il carico immediato nelle edentulie singole, parziali o totali presenta notevoli difficoltà a livello clinico e richiede perizia ed esperienza da parte dell'operatore, sia nella fase di pianificazione dell'intervento, sia nella scelta dei materiali idonei per ciascun paziente, sia nella procedura chirurgica. Requisito fondamentale la stabilità primaria con riduzione imperativa dei micromovimenti implantari durante la fase di guarigione.(<100 micron j.b.Brunsky 1993).
Risponde alle attuali esigenze estetico funzionali del paziente moderno e destinato in futuro a trovare sempre maggiore diffusione e consensi.
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INDICE
INTRODUZIONE pag. 1
1.1 Evoluzione storica 1
1.2 Aspetti psico-sociali 2
1.3 Stato dell'arte 3
BIOMATERIALI pag. 6
2.1 Il design 6
2.2 La superficie 8
2.3.Il concetto di “Platform-switching” 9
LE TECNICHE RADIOGRAFICHE pag. 13
FATTORI DI RISCHIO pag. 18
4.1 Il fattore “occlusione” 18
4.2 Il fattore "postestrattivo" 21
4.3 Il fattore “densità dell'osso” 22
CARICO IMMEDIATO CON BONE GRAFTING pag. 24
5.1 Le tecniche di grafting 24
5.2 Piccolo rialzo del seno mascellare 27
5.3 Grande rialzo del seno mascellare 27
IL CARICO IMMEDIATO NELLE EDENTULIE PARZIALI
E TOTALI pag. 29
6.1 Le edentulie singole e parziali 29
6.2 Le edentulie totali 30
6.1.1 Le overdentures muco-supportate su impianti 30
6.1.2 Le overdentures impianto-supportate 32 6.1.3 La protesi fissa 35
6.1.3.1 All-on-four 36
CONCLUSIONI pag. 38
BIBLIOGRAFIA pag. 39

Fig. 9. Immagine TC elaborata sul piano assiale .
Questo esame fornisce dati sull'altezza, la larghezza ed il contorno del segmento osseo destinato a ricevere l'impianto, e permette di pianificare la posizione, la direzione e l'inclinazione dell'impianto in senso mesio-distale sulle ricostruzioni simil-panoramiche e vestibolo-linguale sulle sezioni perpendicolari (fig. 9). Questi dati, insieme ai dati sulla qualità ossea, permettono di decidere la strategia operatoria [79].

Fig. 10. Simulazione dell'inserimento di impianti usando il software SIM/Plant (Columbia Scientific Incorporated)
Le moderne tecniche computerizzate permettono anche la simulazione dell'intervento. Impostando i parametri del paziente e dell'impianto scelto è possibile ricavare la traiettoria ottimale di inserimento (fig. 10).
FATTORI DI RISCHIO
Estrarre conclusioni definitive dalla abbondante quantità di studi pubblicati negli ultimi anni non è facile. In genere si può dire che il carico immediato non presenta svantaggi rispetto al carico differito purchè effettuato 1) sul paziente giusto; 2) col materiale adatto; 3) secondo un opportuno protocollo. Queste tre variabili rappresentano appunto i tre fattori di rischio, nella valutazione dei quali l'abilità e l'esperienza dell'operatore diventano la vera chiave del successo.
Alla luce degli studi pubblicati risulta evidente che il carico immediato non rappresenta di per sé un fattore negativo per la prognosi dell'impianto. Spesso è stato osservato il contrario, e cioè che impianti caricati immediatamente si integrano meglio e con risultati estetici migliori. In studi longitudinali di follow-up è stato anche riscontrato per il carico immediato un progressivo calo dei valori del Periotest, segno di plasticità e maturazione dell'interfaccia osso-impianto [66, 70].
Ciò ci conduce quindi alla domanda: quali sono le variabili che influenzano il successo di un impianto con carico immediato?
4.1 Il fattore “occlusione”
Le prime pubblicazioni sul carico immediato nelle edentulie singole o parziali sono costituite da singola casistica o serie di casi clinici, in seguito sono apparsi anche studi su numero più consistente di casi, con design sperimentale e confronto diretto tra carico immediato e convenzionale.
Kupeyan e May [43] hanno riportato una serie di 10 casi di carico immediato postestrattivo nella regione mascellare anteriore, la cosiddetta zona estetica. Questi autori avevano usato nei loro pazienti impianti di titanio lavorato a macchina (Branemark System, Nobel Biocare), che erano risultati stabili e clinicamente integrati durante un periodo di osservazione da 6 mesi a 3 anni. Gli stessi buoni risultati sono riportati per 14 pazienti trattati ed osservati da Wöhrle [83] a cui l'autore aveva applicato impianti di titanio con superficie rugosa (Steri-Oss Replace, Nobel Biocare). Questi ed altri studi su numero minore di pazienti [2, 6, 15, 41, 49, 80] confermano la lunga sopravvivenza e la stabilità del 100% degli impianti con carico immediato nella regione mascellare anteriore in caso di edentulia singola. Gli autori di questi studi hanno tutti sottolineato l'importanza di usare in questi casi impianti lunghi e di eliminare il contatto occlusale nei movimenti centrici ed escursivi. Lorenzoni [49] propone l'uso temporaneo di una capsula protettiva che impedisca il carico di forze non occlusali quali la lingua o il bolo alimentare durante il periodo di guarigione. Kan e colleghi [41] hanno imposto ai loro pazienti una dieta liquida per due settimane seguita da una dieta con cibi passati per 5 settimane. Fumatori con più di dieci sigarette al giorno e pazienti con abitudini occlusali parafunzionali quali il bruxismo e il serramento sono stati in genere esclusi da questi studi.
Ericsson e colleghi [26] riportano una serie di 14 pazienti trattati con Branemark System Mk II (Nobel Biocare) nella zona mascellare anteriore. In due di essi, cioè il 15%, non c'è stata osseointegrazione dell'impianto entro i primi 5 mesi, negli altri 12 casi si è avuta un integrazione stabile lungo un periodo di osservazione di 18 mesi. Questi autori avevano usato un protocollo con occlusione immediata .
Hui e colleghi [38] hanno studiato invece due gruppi di pazienti con un totale di 24 impianti di titanio lavorato a macchina di lunghezza tra i 13 e i 18 mm (Branemark System, Nobel Biocare) applicati su postestrattivo nella zona mascellare anteriore con una forza di torsione tra i 40 e i 50 Ncm per raggiungere un ancoraggio biocorticale. 11 dei 24 impianti hanno ricevuto un carico differito, 13 impianti un carico immediato con protocollo di "occlusione protetta" durante la restaurazione provvisoria, cioè con impianti senza contatto nei movimenti escursivi (fig. 11). Entrambi i gruppi hanno avuto lo stesso successo in termini di stabilità ed osseointegrazione, il gruppo con carico immediato ha in più ottenuto migliori risultati estetici con contorno gengivale meglio conservato.